Il procurement pubblico per l’innovazione delle stazioni appaltanti #3: ostacoli ad un procurement per l’innovazione adatto alle startup - Alan Advantage

Il procurement per l’innovazione è un’opportunità per le stazioni appaltanti, per i cittadini e per le imprese coinvolte nei procedimenti di gara perché consente di coniugare la naturale inclinazione all’innovazione presente nel tessuto industriale italiano con la necessità di avere una pubblica amministrazione efficiente e tutt’altro che di ostacolo.

Gli ostacoli che oggi impediscono la piena manifestazione dei benefici potenziali offerti da procedure di gara specificamente dedicate all’innovazione devono essere il punto dal quale iniziare la costruzione di un framework metodologico e di processo attraverso il quale trasformare i paese e la vita dei cittadini e delle imprese.

Ostacoli ad un procurement per l’innovazione adatto alle startup

Questo è il terzo della serie di articoli dedicati al tema procurement per l’innovazione e l’universo delle startup.
Nel primo articolo (lo trovi qui) ho tracciato il contesto normativo nel quale si inquadrano le procedure di acquisto nella pubblica amministrazione italiana. Ho accennato ai valori ispiratori le norme europee ed a quelli che hanno portato all’attuale Codice degli Appalti e le relative aberrazioni procedurali. Nel secondo articolo (lo trovi qui) espongo le mie riflessioni e considerazioni in merito al valore economico, industriale e sociale di una cultura dell’innovazione della PA italiana attuata attraverso specifiche procedure di acquisto.
In questo terzo ed ultimo articolo offro una sintesi dei principali ostacoli alla diffusione di un procurement per l’innovazione.

Usare bene le risorse pubbliche
L’obiettivo principale delle stazioni appaltanti è far sì che gli appalti abbiano un risultato quanto più stabile e affidabile possibile. Nel continuo perseguimento del corretto utilizzo delle risorse pubbliche i responsabili dei singoli procedimenti tendono a ridurre i rischi cercando operatori economici già avviati con una reputazione e uno storico fiscale impeccabili, un fatturato considerevole e richiedendo soluzioni delle quali sia accertata l’affidabilità.
In questo contesto può essere difficile giustificare l’acquisto di prodotti e servizi innovativi che comportano un maggiore margine di rischio, nonostante il fatto che la decisione di acquistare il prodotto innovativo rechi evidenti benefici all’acquirente pubblico.

Il ruolo dell’UE nel processo di innovazione
L’obiettivo a cui puntano le scelte politiche dell’UE è di fornire ai responsabili delle politiche in materia di appalti pubblici l’impulso iniziale e le idee per raccogliere questa sfida.
Come accade di solito in Italia, per sbloccare una situazione e fare il primo passo ci vuole una spintarella che, in nome della crescita e dell’innovazione, ci viene data da alcuni documenti di orientamento prodotti della Commissione europea tra i quali il documento relativo al pacchetto di strumenti dell’iniziativa EAFIP — Assistenza europea per gli appalti per l’innovazione (2018). L’orientamento fornito intende:

  • fornire elementi per elaborare studi di fattibilità a sostegno degli appalti per l’innovazione;
  • suggerire azioni in grado di offrire il sostegno necessario ai progetti innovativi;
  • contribuire a superare le incertezze sulla base di una spiegazione del quadro giuridico dell’UE per gli appalti pubblici inerenti a procedure innovative, ma anche grazie a esempi concreti.

L’innovazione è rischio e propensione al rischio
Il potenziale strategico degli appalti per l’innovazione è indiscutibile, soprattutto per quanto riguarda il sostegno allo sviluppo tecnologico nel settore pubblico in chiave green. Tuttavia, insieme a numerosi vantaggi, gli appalti per l’innovazione comportano anche rischi e costi talvolta molto alti. Per tale ragione è necessario un cambiamento culturale che consenta di superare l’avversione al rischio ed evitare possibili costi aggiuntivi causati da un blocco dell’innovazione.
Il prezzo di questa scarsa propensione al rischio da parte delle stazioni appaltanti è pagato principalmente dalle startup che sono da sempre la principale fonte di nuove opportunità.
Una possibile strada da percorrere per uscire da questa impasse è rappresentata dalla capacità di stabilire/imporre una sorta di framework delle buone pratiche nel quale siano riportati i passi da compiere nel creare un tender specifico per l’innovazione. Proviamo a fare un esempio di quali potrebbero essere queste buone pratiche:

  • stanziamento di budget per le gare dedicare esclusivamente all’acquisto di prodotti e servizi innovativi;
  • definizione di piccoli obiettivi, legati alla sostenibilità ed alla green economy, che garantiscano il successo certo del tender pubblico e facciano da apripista per ulteriori investimenti;
  • sviluppare una cultura delle startup che sia in grado di portare nella PA le stesse competenze utilizzate dagli investitori privati nel percorso di scouting delle migliori startup
  • incentivare il procurement seguendo l’esempio della Regione Lombardia che ha inserito gli appalti pre-commerciali e gli appalti pubblici a favore di soluzioni innovative tra gli obiettivi politici della legislazione regionale e ha erogato fondi per organizzare regolarmente inviti a presentare proposte volti a raccogliere informazioni sulle necessità di innovazione degli acquirenti pubblici della regione, in virtù delle quali vengono avviate nuove procedure di appalto (https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/DettaglioRedazionale/servizi-e-informazioni/imprese/ricerca-e-innovazione-per-le-imprese/appalti-pre-commerciali)
  • Creare un canale per la comunicazione permanente tra chi innova e le stazioni appaltanti perché l’innovazione è sempre un rischio condiviso tra le parti e mai una iniziativa a risultati garantiti

Prima riflessione speciale: l’Italia degli ostacoli impossibili
A latere di questa breve lista di buoni propositi c’è una amara constatazione che si basa sulla diretta conoscenza di alcune scellerate pratiche di selezione dei fornitori che si basano su oneri insostenibili per una startup giungendo alla verifica di informazioni sui conti annuali e sui livelli di fatturato
Con l’obiettivo di attenuare ogni eventuale rischio che un contraente si trovi in liquidazione nel corso di un contratto e che ciò incida sulle forniture al servizio pubblico, le stazioni appaltanti chiedono alle imprese di fornire certificati amministrativi che dimostrino la loro legittimazione ad agire e le capacità economiche e finanziarie, nonché presentare la loro offerta per verificare i criteri di esclusione e di selezione. Ciò porta a chiedere fatturati annui che, stando alla attuale disciplina, possono arrivare sino al doppio del valore stimato dell’appalto.
Nessuna startup può offrire questa garanzia e, laddove possa farlo, non è scontato che voglia partecipare al tender pubblico.
I criteri sono, quindi, il più arduo ostacolo da superare ed è per questo che, oltre a non garantire la corretta esecuzione del contratto, esclude tutti i potenziali offerenti che, pur avendo fatturati più bassi, potrebbero disporre delle capacità richieste e, soprattutto, di una soluzione migliore.

Seconda riflessione speciale: l’Italia dei pagamenti impossibili
Questa è una riflessione breve che si fonda su una esperienza che mi ha visto incassare pagamenti a 250 giorni dalla data di emissione della fattura. Una PMI ha un bilancio in cui i flussi di cassa sono fondamentali per la sua sopravvivenza. In molti casi è persino necessario attivare dei pagamenti anticipati e regolari in quanto non sono dotate delle ingenti riserve finanziarie possedute dalle grandi imprese.

Gli esperti di scouting nell’innovazione
Le innovazioni non ci vengono a cercare. Di solito le subiamo perché non le sappiamo individuare oppure le adottiamo solo per necessità. Questa mia (opinabile) considerazione è valida per tutte le realtà aziendali perché nessuna azienda è in grado di presidiare tutti i fronti di quella che in Star Trek si chiamava “Ultima frontiera”. Tuttavia è possibile semplificare la vita di un innovatore affidandosi a realtà che si occupano di questo per vocazione di business. Un esempio è rappresentato dalla società per la quale lavoro che da sempre ha fatto dell’innovazione la propria missione con una visione delle tecnologie che pone al centro di ogni iniziativa l’uomo ed il valore etico delle scelte che compie. In questo quadro oltre a fornire un supporto per l’individuazione della giusta soluzione al problema/bisogno è in grado di supportare adeguatamente i processi di change management che devono garantire l’integrazione delle dinamiche umane nei percorsi di innovazione.
La normativa oggi in essere consente di affiancare al supporto di una società specializzata in consulenza per l’innovazione anche strumenti quali la consultazione preliminare di mercato attraverso la quale è possibile valutare lo stato dell’arte prima di avviare una procedura di appalto.

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