Art for Technology’s sake — Re:Humanism e l’Intelligenza Artificiale come Intelligenza Artistica - Alan Advantage

Ci troviamo di fronte a un’era di rapido sviluppo tecnologico, quasi una corsa sfrenata all’innovazione, in cui la spinta creativa umana si concentra sulla funzionalità e l’efficienza dei dispositivi e delle macchine, piuttosto che sul significato originario della tecnologia, cioè l’essere di supporto alla vita umana. Inserendo al centro del progresso la stessa tecnologia, e non l’uomo, però, si è arrivati a negligere una caratteristica molto importante della mente umana, a cui un computer non può sopperire: l’istinto artistico, il senso del gusto e la forza creativa.

Inoltre, è diventato sempre più un luogo comune che le scienze e le arti umanistiche siano due entità contraddistinte e quasi opposte fra loro, che queste non possano ricongiungersi così come un tempo, quando ingegneri come Leonardo Da Vinci erano anche grandi artisti o matematici come Galileo Galilei contribuivano alla scena filosofica europea.

Tuttavia in questi anni vi è una rinnovata volontà di esplorare tecniche e idee originali nelle belle arti, specialmente nella nuovissima frontiera dell’Intelligenza Artificiale. I musei di arte contemporanea di molti paesi adibiscono sempre più spazio per installazioni che possano riunire il genio creativo umano e la potenza dei computer, creando un movimento artistico originale e del tutto innovativo, che può solo crescere.

La scena italiana non è da meno. Il MAXXI di Roma ha allestito mostre che possano esplorare la congiunzione fra arte e Intelligenza Artificiale, come le due esibizioni Low Form, Artapes e Imaginaries and Visions in the age of Artificial Intelligence. Così come al Wired Next Fest di Milano, l’artista contemporaneo Alex Braga ha realizzato il suo progetto di Artificial Musical Intelligence (A-Mint). L’anno seguente, nel 2018, Alex Braga sarebbe poi tornato al festival, tenutosi a Firenze, con uno spettacolo che vedeva A-Mint “duettare” con Francesco Tristano, musicista e compositore di fama mondiale. O, ancora, le installazioni di Hito Steyerl al museo d’arte contemporanea del Castello di Rivoli, dove l’artista, con The City of Broken Windows, esplora come l’IA influenza il contesto urbano in cui viviamo e di come possano emergere pratiche artistiche alternative attraverso l’uso di tali tecnologie.

Visto l’interessante movimento nato attorno alla ricongiunzione delle arti con le tecnologie di IA — parte integrante della nostra filosofia aziendale, d’altronde — Alan Advantage ha deciso di lanciare un contest il cui tema principale è “Arte e Intelligenza Artificiale per un nuovo Umanesimo”, riscoprendo il nesso che collega la spinta creativa umana sia nell’arte sia nelle scienze: Re:Humanism. Con l’allocazione di un premio in denaro per i primi tre classificati e la possibilità di esibire la propria opera per la top 10 dei partecipanti (nello spazio espositivo indipendente di AlbumArte), il contest si propone, così, come prima edizione di una competizione che possa investigare l’avvento dell’IA nel mondo dell’arte contemporanea, soprattutto negli ambiti di Machine Learning, Natural Language Processing e Robotica.

Re:Humanism Awards Ceremony Night — Rome

A partecipare sono stati in 114, tutti con idee estremamente valide. Siamo stati anche estremamente felici di notare che l’80% dei partecipanti è italiano, mostrando che qualcosa si muove nel nostro paese, che vi è una spinta creativa da parte delle nuove generazioni che si mettono in gioco. Tuttavia, fra i vincitori vi sono giovani di diverse nazionalità e origini. Troviamo, infatti, un artista vietnamita al primo posto, un team congiunto di due artisti spagnoli e uno tedesco al secondo posto e un giovane italiano al terzo.

Giang Nguyen, 1 classified with his award, an artisanal ceramic produced by Amehasa

Nonostante il tema sia l’implementazione dell’Intelligenza Artificiale nell’arte contemporanea, il primo posto ha visto un’opera che non implicava l’uso della tecnologia di per sé, ma la cui riflessione ci ha convinti della sua validità. The Fall, di Nguyen Hoang Giang, vede una coreografa professionista imitare la caduta di un robot, a cui viene testato l’equilibrio. Nell’imitare la caduta della macchina i suoi movimenti divengono sempre più meccanici, portando lo spettatore a comprendere come nella trasformazione verso un’esistenza post-umana, quasi robotica, ci sia una caduta, atto simbolico che incarna gli errori che troviamo in ogni rivoluzione. L’opera ci porta, quindi, a riflettere sul sul tema del fallimento, in cui la fallibilità dell’uomo diviene una materia principale nel rapporto con le macchine: se l’obiettivo è insegnare alle macchine a pensare come l’uomo, dovremmo anche contare il margine di fallibilità umana nei calcoli? L’oggetto dell’apprendimento, d’altronde, è una caduta, come giudicarne l’insegnamento un successo o meno?

Marc Marzenit and Albert Barqué-Duran, 2 classified, with Mario Klingemann, in the First edition of Re:Humanism Art Prize

Ciononostante, tutte le opere pervenute sono state estremamente interessanti, portando anche la stessa giuria a una profonda riflessione sul tema e su come è stato affrontato dai diversi artisti. Ciò attraverso installazioni audio, video e algoritmi di Machine Learning, come My Artificial Muse (al secondo posto) di Barqué-Duran Albert, Mario Klingemann e Marc Marzenit, che vede un computer impegnato nella composizione di un dipinto, mentre un pittore parte del team, cercherà di riprodurre il lavoro della macchina in tempo reale, facendosi ispirare da una musa artificiale. O, ancora, Devenir-fantôme (al terzo posto, riconosciuto con un premio di residenza), di Enrico Boccioletti, che esplora i limiti raggiungibili del calcolo matematico di emozioni umane come la noia, lo stupore, l’affetto o la disperazione, attraverso strumenti di sintesi vocale e composizione algoritmica, muovendosi alla volta di un mondo proiettato verso la Singolarità Tecnologica.

Enrico Boccioletti, devenir-fantôme, 2019, project in progress

Le altre 7 opere, scelte per l’esibizione all’AlbumArte, hanno visto lavori di uguale interesse. Troviamo così Adversiarial Feelings di Lorem, un progetto audiovisivo multidisciplinare. L’opera esplora la possibilità di insegnare a un IA emozioni e interazioni umani, muovendo la riflessione su un livello quasi “politico” della rappresentazione di macchine così potenti, quasi pericolose, con un algoritmo a cui viene richiesto di interpretare i canoni estetici su cui si fonda la nostra cultura e di simulare le più complesse interazioni umane.

Enrica Beccalli e Roula Gholmieh sono, invece, le autrici di Complessità, dove il rapporto uomo-macchina smette di essere un semplice rapporto gerarchico di comando ed esecuzione, ma diviene una collaborazione alla pari. Attraverso tecnologie di Galvanic Vestibular Stimulation (GVS), un ballerino professionista viene istruito dalla macchina (con impulsi elettrici che il suo orecchio riceve dalla macchina e ne determinano l’equilibrio) come seguire la complessità dei movimenti del gruppo di particelle mostrate sul display dietro di lui, che si muovono come uno stormo di uccelli, senza apparente ordine. La poesia di quest’opera nasce dalla volontà di esplicare la complessità attraverso l’algoritmo di una macchina, a cui l’uomo non solo segue danzando, ma si lascia andare al flusso di eventi che rappresentano una complessità troppo grande da poter essere ordinata.

Guido Segni presenta Demand Full Laziness, today, in cui l’universo distopico di macchine super intelligenti viene rappresentato attraverso la pigrizia dell’uomo, rimpiazzato dalle macchine nel lavoro e nelle arti e in netto contrasto con i tempi eclettici e frenetici della società moderna. L’opera si evolverà in cinque anni (2018–2023), dove la macchina sarà impegnata in un progetto di deep learning in cui dovrà rimpiazzare l’operato artistico dell’autore e al contempo ritrarlo mentre passa il suo tempo libero oziando.

Mentre Grammar#1, di Antonio “Creo” Daniele, ci interroga essenzialmente su cosa voglia dire essere umano. Esplorando le capacità artistiche nei disegni di un’IA, l’autore ci mostra la fondamentale necessità di discernere l’operato umano e quello di un computer, sempre più difficile con l’avanzare della tecnologia. L’installazione si presenta come un dialogo visuale fra l’uomo e la macchina, in cui lo spettatore è coinvolto in un gioco la cui domanda è “cos’è umano?”. Il dialogo fra i due non è di interesse solo per i fini artistico-informativi, ma anche per la ricerca scientifica di come l’uomo percepisce se stesso.

L’esperimento di Michele Tiberio in collaborazione con Diletta Tonatto, Me, My Scent, si presenta invece come un’opera unica nel suo genere. L’autore mette in gioco tutta la sua vita digitale in un libro di più di 1500 pagine, mostrando la sua attività sui vari social come Facebook, Instagram, LinkedIn, o ciò che era nel suo iPhone. Il catalogo che ne è risultato dimostra come quello che crediamo sia una realtà astratta, cioè il cyberspace virtuale dei nostri profili, è invece reale, quasi tangibile, in cui le nostre opinioni rimangono, lasciano una traccia. Non solo, caratteristica originale dell’opera è che il libro emana un profumo. Un profumo non creato dall’autore, ma da un algoritmo, che ha calcolato quale doveva essere l’essenza della sua vita digitale. Quello che possiamo sentire è quindi l’essenza della vita dell’autore, così come calcolata da un’IA.

A Brief History of Western Cultural Production, di Adam Basanta, basa la sua riflessione su un argomento estremamente importante per il mondo dell’arte, ovvero la dominazione culturale dell’occidente. Avendo costruito un database di artefatti di varie culture e origini, principalmente dalla collezione del Metropolitan Museum, un algoritmo estrarrà e ri-contestualizzerà gli artefatti (precedentemente decontestualizzati), cercando di creare un “artefatto archeologico universale”. La morale politica è lampante in questo lavoro, in cui la dominazione culturale occidentale viene messa in discussione, ma quello che l’opera vuole mettere in risalto è la tensione che questa morale politica ha con la codificazione apolitica dei “raw data” utilizzati nei software e dalle macchine.

Urge Oggi, di Daniele Spanò, ci porta a riflettere sulle possibilità non solo artistiche, ma di intrattenimento che un’ IA può avere. L’installazione si presenta con due schermi in cui due mani (una per schermo) giocano a morra cinese, un gioco del tutto randomico, dettato dal caso. Tuttavia, l’interesse dell’autore si muove nella riflessione che anche un gioco dettato da meccaniche casuali, senza necessità di particolare bravura, può risultare competitivo, divertente e capace di stabilire delle rivalità. Lo spettatore si accorge, quindi, da subito che vedendo una macchina esplorare le possibilità del gioco non colpisce come giocarci in prima persona, non avendo le stesse dinamiche strategiche, dato che la vittoria casuale rimane tale, non influenzando le aspettative dello spettatore. L’elemento ludico viene quindi ad essere un esempio dell’essenza umana, basata su istanze extralinguistiche, psicologiche e semi-irrazionali. La replica di una macchina risulta invece in un momento svuotato di tali elementi costitutivi, freddo, artificiale, quasi inutile.

Visto tale potenziale creativo, Alan Advantage si impegnerà ad estendere il ventaglio di possibilità per i partecipanti delle future edizioni e nei mesi a venire.

È importante prendere una posizione in questo fenomeno di ritrovata congiunzione fra il mondo dell’arte e quello delle nuove tecnologie di Intelligenza Artificiale. Con questo contest, e con le iniziative a venire, Alan Advantage si propone di cercare e realizzare una dialettica fra l’umanesimo e la tecnologia, riscoprendo la centralità della mente umana nel progresso tecno-scientifico di questi anni a venire. Troviamo, infatti, sia necessario fermarsi e riflettere su cosa sia il progresso, che non vuol dire solo inserire nel mercato prodotti all’avanguardia o il nuovo dispositivo più attraente. Progresso significa anche muoversi in avanti verso la ricerca di un uso più sostenibile e democratico della tecnologia. E cosa può far riflettere di più dell’arte?

 

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